05/04/2021, 01:11
(Questo messaggio è stato modificato l'ultima volta il: 10/04/2021, 12:56 da elpiase.)
Da bambino ero affascinato dalle dirette radio del campionato di calcio, quei nomi di calciatori che sentivo ripetere dai telecronisti nella mia immaginazione diventavano degli esseri mitologici, dei titani che si scontravano per conquistare l'olimpo del calcio.
Qualche anno più tardi, da ragazzino, iniziai a giocare a calcio con il sogno di poter un giorno sfidare quei titani di cui seguivo le gesta alla radio. Purtroppo non ero molto bravo con i piedi ma in compenso ero agile come un gatto, così iniziai a giocare come portiere. Fin da subito però fu evidente che, anche se me la cavavo benino nel ruolo, non ero destinato al grande calcio, così abbandonai il mio sogno di calciatore professionista e mi calai nel calcio amatoriale.
Passai la mia intera carriera da calciatore nel piccolo campionato locale della sperduta valle del rio negro in Argentina, giocando nella formazione della Estrella Polar.
Una costante del campionato della valle era l'Estrella Polar relegata nelle ultime posizioni mentre il fortissimo Deportivo Belgrano, quelli che tutti consideravano i titani locali, anno dopo anno vinceva il campionato.
Qualche anno fa però iniziammo a vincere la prima partita del campionato, poi la seconda, poi a seguire tutte le altre sempre con un solo gol di scarto, ma erano pur sempre vittorie che portavano punti per la classifica. All'ultima giornata del girone di andata, come tutti avevano previsto, perdemmo contro il Deportivo per 7-0 e tutti pensarono che da li in poi saremmo tornati ad essere i perdenti di sempre, ma già dalla giornata successiva riiniziammo a vincere gara dopo gara con il solito gol di scarto. Arrivammo così all'ultima giornata del campionato con un punto di svantaggio sul Deportivo. Tutto il campionato si sarebbe deciso all'ultima giornata nello scontro diretto a casa del Deportivo.
Tutti ci davano per spacciati ma tenemmo testa ai campioni e a pochi minuti dalla fine andammo in vantaggio. A tempo praticamente scaduto l'arbitro, forse temendo il linciaggio da parte dei locali, assegnò un rigore molto dubbio ai padroni di casa.
L'attesa per l'esecuzione fu infinita, ancora oggi nella valle quello viene ricordato come il rigore più lungo della storia, ma riuscii ad intuire la direzione del tiro e con un tuffo elegante come mai mi era riuscito nella mia carriera riuscii a parare il rigore. La piccola squadra di perdenti aveva sconfitto i titani locali!
Quello fu il momento più alto della mia carriera di calciatore, ma fu anche l'ultimo. Ormai stavo perdendo l'agilità degli anni migliori ed ero stanco del calcio giocato. Appesi i guantoni al chiodo dopo quella memorabile partita ed iniziai ad allenare i ragazzi del posto.
L'impresa della Estrella Polar mi fece guadagnare il rispetto e la fiducia della gente della valle e qualche anno più tardi, grazie ad alcuni amici emigrati in Europa che avevano agganci in alcune squadre alla ricerca di giovani talenti, riuscii ad organizzare uno stage nel vecchio continente per alcuni giovani che ritenevo molto promettenti. Tutta la vallata si diede da fare per raccogliere i fondi necessari al viaggio in Europa, sicuri che se El Gato Diaz valutava un giovane degno del calcio europeo, quello avrebbe sfondato nel mondo del calcio garantendo benessere ed agiatezza all'intera valle.
Purtroppo il concetto di giovane promettente nella valle del rio negro non corrisponde alla stessa definizione data dalle squadre europee e i ragazzi vennero rispediti a casa assieme ai genitori perché gli osservatori li ritenevano, senza mezzi termini, delle ciofeche assolute.
Deriso dagli osservatori e non più rispettato dai miei paesani mi ritrovai abbandonato in terra straniera. Per evitare l'onta della vergogna nella madrepatria (e per mancanza di fondi per comprarmi un biglietto di ritorno) decisi di rimanere in Europa ed iniziai ad allenare i giovani di una piccola squadra locale, in una piccola nazione europea.
Questa avrebbe potuto essere la fine della mia storia, ma pochi giorni fa sono stato contattato per un nuovo progetto, uno di quelli che tutti potrebbero definire visionario o anche utopico, persino frutto di una mente malata: sfidare i Titani d'Europa partendo da una piccola realtà locale.
Tutti, ma non io. Io posso dire di aver sconfitto i Titani della valle del rio Negro e di aver parato il rigore più lungo del mondo, nessun progetto è troppo folle per me.
Mi chiamo Emilio Diaz, e quella che andrò a raccontarvi è la mia carriera da allenatore.
Qualche anno più tardi, da ragazzino, iniziai a giocare a calcio con il sogno di poter un giorno sfidare quei titani di cui seguivo le gesta alla radio. Purtroppo non ero molto bravo con i piedi ma in compenso ero agile come un gatto, così iniziai a giocare come portiere. Fin da subito però fu evidente che, anche se me la cavavo benino nel ruolo, non ero destinato al grande calcio, così abbandonai il mio sogno di calciatore professionista e mi calai nel calcio amatoriale.
Passai la mia intera carriera da calciatore nel piccolo campionato locale della sperduta valle del rio negro in Argentina, giocando nella formazione della Estrella Polar.
Una costante del campionato della valle era l'Estrella Polar relegata nelle ultime posizioni mentre il fortissimo Deportivo Belgrano, quelli che tutti consideravano i titani locali, anno dopo anno vinceva il campionato.
Qualche anno fa però iniziammo a vincere la prima partita del campionato, poi la seconda, poi a seguire tutte le altre sempre con un solo gol di scarto, ma erano pur sempre vittorie che portavano punti per la classifica. All'ultima giornata del girone di andata, come tutti avevano previsto, perdemmo contro il Deportivo per 7-0 e tutti pensarono che da li in poi saremmo tornati ad essere i perdenti di sempre, ma già dalla giornata successiva riiniziammo a vincere gara dopo gara con il solito gol di scarto. Arrivammo così all'ultima giornata del campionato con un punto di svantaggio sul Deportivo. Tutto il campionato si sarebbe deciso all'ultima giornata nello scontro diretto a casa del Deportivo.
Tutti ci davano per spacciati ma tenemmo testa ai campioni e a pochi minuti dalla fine andammo in vantaggio. A tempo praticamente scaduto l'arbitro, forse temendo il linciaggio da parte dei locali, assegnò un rigore molto dubbio ai padroni di casa.
L'attesa per l'esecuzione fu infinita, ancora oggi nella valle quello viene ricordato come il rigore più lungo della storia, ma riuscii ad intuire la direzione del tiro e con un tuffo elegante come mai mi era riuscito nella mia carriera riuscii a parare il rigore. La piccola squadra di perdenti aveva sconfitto i titani locali!
Quello fu il momento più alto della mia carriera di calciatore, ma fu anche l'ultimo. Ormai stavo perdendo l'agilità degli anni migliori ed ero stanco del calcio giocato. Appesi i guantoni al chiodo dopo quella memorabile partita ed iniziai ad allenare i ragazzi del posto.
L'impresa della Estrella Polar mi fece guadagnare il rispetto e la fiducia della gente della valle e qualche anno più tardi, grazie ad alcuni amici emigrati in Europa che avevano agganci in alcune squadre alla ricerca di giovani talenti, riuscii ad organizzare uno stage nel vecchio continente per alcuni giovani che ritenevo molto promettenti. Tutta la vallata si diede da fare per raccogliere i fondi necessari al viaggio in Europa, sicuri che se El Gato Diaz valutava un giovane degno del calcio europeo, quello avrebbe sfondato nel mondo del calcio garantendo benessere ed agiatezza all'intera valle.
Purtroppo il concetto di giovane promettente nella valle del rio negro non corrisponde alla stessa definizione data dalle squadre europee e i ragazzi vennero rispediti a casa assieme ai genitori perché gli osservatori li ritenevano, senza mezzi termini, delle ciofeche assolute.
Deriso dagli osservatori e non più rispettato dai miei paesani mi ritrovai abbandonato in terra straniera. Per evitare l'onta della vergogna nella madrepatria (e per mancanza di fondi per comprarmi un biglietto di ritorno) decisi di rimanere in Europa ed iniziai ad allenare i giovani di una piccola squadra locale, in una piccola nazione europea.
Questa avrebbe potuto essere la fine della mia storia, ma pochi giorni fa sono stato contattato per un nuovo progetto, uno di quelli che tutti potrebbero definire visionario o anche utopico, persino frutto di una mente malata: sfidare i Titani d'Europa partendo da una piccola realtà locale.
Tutti, ma non io. Io posso dire di aver sconfitto i Titani della valle del rio Negro e di aver parato il rigore più lungo del mondo, nessun progetto è troppo folle per me.
Mi chiamo Emilio Diaz, e quella che andrò a raccontarvi è la mia carriera da allenatore.
SPOILER ()