29/01/2022, 00:04
Mi chiamo Ethan Byrne,
sono nato il 21 aprile del 1976 a Donegal Town, nell’ononima contea, in Irlanda.
Nato a pochi km dal confine nordirlandese ho il tipico carattere cocciuto e ribelle di chi ha vissuto in queste zone e, come praticamente tutti i miei coetanei, amo il mio paese!
Amo anche il calcio, ho provato a diventare un calciatore, ma ben presto capii di non avere la stoffa per poterlo fare come mestiere.
Ma io volevo vivere di calcio, lo amavo troppo, quindi decisi che il mio futuro sarebbe stato su di una panchina, non a guardare gli altri giocare ma ad insegnare agli altri a giocare.
Tentai rispondendo ad un annuncio di lavoro per un posto di allenatore delle giovanili del Finn Harps, squadra con sede a Ballybofey, cittadina a metà strada fra Donegal Town e Derry.
Sfortunatamente il colloquio di lavoro si rivelò fallimentare, così come quello sostenuto con la mia squadra del cuore, il Derry.
La risposta fu sempre la stessa, “ci piacciono le tue idee ma non hai l’esperienza necessaria, ci dispiace”.
Ancora una volta sembrava che il calcio ce l’avesse con me, io non sarei mai stato né un calciatore, tantomeno un allenatore, ma non sapevo che il destino aveva in serbo per me altri progetti.
sono nato il 21 aprile del 1976 a Donegal Town, nell’ononima contea, in Irlanda.
Nato a pochi km dal confine nordirlandese ho il tipico carattere cocciuto e ribelle di chi ha vissuto in queste zone e, come praticamente tutti i miei coetanei, amo il mio paese!
Amo anche il calcio, ho provato a diventare un calciatore, ma ben presto capii di non avere la stoffa per poterlo fare come mestiere.
Ma io volevo vivere di calcio, lo amavo troppo, quindi decisi che il mio futuro sarebbe stato su di una panchina, non a guardare gli altri giocare ma ad insegnare agli altri a giocare.
Tentai rispondendo ad un annuncio di lavoro per un posto di allenatore delle giovanili del Finn Harps, squadra con sede a Ballybofey, cittadina a metà strada fra Donegal Town e Derry.
Sfortunatamente il colloquio di lavoro si rivelò fallimentare, così come quello sostenuto con la mia squadra del cuore, il Derry.
La risposta fu sempre la stessa, “ci piacciono le tue idee ma non hai l’esperienza necessaria, ci dispiace”.
Ancora una volta sembrava che il calcio ce l’avesse con me, io non sarei mai stato né un calciatore, tantomeno un allenatore, ma non sapevo che il destino aveva in serbo per me altri progetti.