20/03/2021, 11:11
Quei capelli biondo castani, ben presto erano diventati grigi, quindi bianchi, dipinti su una chioma lunga e mossa che appoggiata su una barba incolta, il soprannome era quasi naturale, H2O, era un amante del vino per le sue origini meridionali, quasi un esteta e così l’acqua era in tavola solo per esigenza di ospitalità
Una vita sportiva “sfortunata”, onesto calciatore, poi un banale incidente in bicicletta e tac, era saltato il rotuleo.
La lenta ripresa, solo la passione lo aveva sostenuto in quel percorso a scendere le categorie per chiudere la sua carriera, con la vittoria del campionato in sere D. Il ginocchio lo stava abbandonando e così a 38 anni era tornato a far ciò che gli piaceva, insegnare ai giovani.
Una vita privata anch’essa provata dalle disavventure, vedovo solo dopo due anni di matrimonio, sua moglie di famiglia benestante di origini rumene, conosciuta in una villeggiatura in Svizzera. Un incidente stradale lo aveva lasciato solo e senza figli, non si era risposato, girava l’Italia insieme ai suoi ragazzi con la malinconia di non averne dei suoi.
Via quei lunghi capelli, ai ragazzi, bisogna dare modelli di vita giusti e sotto col lavoro, per cercare di regalare a qualcun altro il sogno che per troppo poco tempo era stato il suo.
I ragazzi cambiavano repentinamente il loro modo di essere, accoglierli adolescenti e lasciarli uomini era un lavoro importante, dare le indicazioni giuste per poter fare il calciatore professionista era vitale, e lui, si sentiva, sapeva di essere la persona giusta. Le prove della vita lo avevano forgiato. Per essere più vicino ai suoi ragazzi li osservava, cercava di entrare in sintonia con loro, con il modo di essere di pensare, di vestire.
Si faceva conoscere presto, internet mostrava come era da calciatore, e tutti sapevano che H2O era stato un esempio di professionista a tutto tondo.
Dopo alcuni anni trascorse come allenatore delle giovanili, il suo ruolo era mutato, la squadra gli aveva chiesto di trascorrere parte delle vacanze estive a girovagare per il mondo, di indicare qualche nuovo talento. Così si ritrovò sballottato fra Kenia e Messico, Paraguay e Cipro. Guardava il mondo dalla luce della sua stanza, in Kenia si era abituato alla penombra, il nord Europa aveva finestrelle piccolissime che lo rendevano tetro. Nell’est europeo le grandi finestre non mancavano ma il cielo regalava solo tonalità tristi, lui, stava bene dove il cielo gli ricordava il suo meridione con tanta luce da invadere la sua stanza.
Lasciare il campo non era stato facile, ma a volte, fare qualcosa di diverso ti fa sentire meglio. Certo, non aveva mai detto che non sarebbe tornato ad allenare, ma vedeva la cosa molto lontana e difficile, aveva i suoi estimatori, nel suo nuovo ruolo, e poi sentiva che probabilmente, per lui il treno giusto era passato. Lasciato il campo si era anche ripreso il suo look che lo aveva reso famoso, doveva essere quello che tutti si ricordavano.
Passare inosservato non era facile, ma a lui questo non importava molto, anzi, gli dava quella notorietà che spingeva tutti a fare sempre il meglio.
E' chiaro che dopo gli anni trascorsi a girovagare qualche amicizia si stringe e con essa anche qualche rapporto un pò più stretto. Come spesso accade nel mondo del calcio, qualche parola detta, qualche pensiero espresso ad alta voce, diviene una possibilità, una voglia di cambiare, ed allora, ecco che improvvisamente cominciano ad arrivare telefonate "strane" a sondare la disponibilità, e per quanto tu possa allontanare le richieste, c'è sempre l'amico che ti dice solo di ascoltare la proposta, "senza impegno", ti dice ma almeno ascoltala.
Una vita sportiva “sfortunata”, onesto calciatore, poi un banale incidente in bicicletta e tac, era saltato il rotuleo.
La lenta ripresa, solo la passione lo aveva sostenuto in quel percorso a scendere le categorie per chiudere la sua carriera, con la vittoria del campionato in sere D. Il ginocchio lo stava abbandonando e così a 38 anni era tornato a far ciò che gli piaceva, insegnare ai giovani.
Una vita privata anch’essa provata dalle disavventure, vedovo solo dopo due anni di matrimonio, sua moglie di famiglia benestante di origini rumene, conosciuta in una villeggiatura in Svizzera. Un incidente stradale lo aveva lasciato solo e senza figli, non si era risposato, girava l’Italia insieme ai suoi ragazzi con la malinconia di non averne dei suoi.
Via quei lunghi capelli, ai ragazzi, bisogna dare modelli di vita giusti e sotto col lavoro, per cercare di regalare a qualcun altro il sogno che per troppo poco tempo era stato il suo.
I ragazzi cambiavano repentinamente il loro modo di essere, accoglierli adolescenti e lasciarli uomini era un lavoro importante, dare le indicazioni giuste per poter fare il calciatore professionista era vitale, e lui, si sentiva, sapeva di essere la persona giusta. Le prove della vita lo avevano forgiato. Per essere più vicino ai suoi ragazzi li osservava, cercava di entrare in sintonia con loro, con il modo di essere di pensare, di vestire.
Si faceva conoscere presto, internet mostrava come era da calciatore, e tutti sapevano che H2O era stato un esempio di professionista a tutto tondo.
Dopo alcuni anni trascorse come allenatore delle giovanili, il suo ruolo era mutato, la squadra gli aveva chiesto di trascorrere parte delle vacanze estive a girovagare per il mondo, di indicare qualche nuovo talento. Così si ritrovò sballottato fra Kenia e Messico, Paraguay e Cipro. Guardava il mondo dalla luce della sua stanza, in Kenia si era abituato alla penombra, il nord Europa aveva finestrelle piccolissime che lo rendevano tetro. Nell’est europeo le grandi finestre non mancavano ma il cielo regalava solo tonalità tristi, lui, stava bene dove il cielo gli ricordava il suo meridione con tanta luce da invadere la sua stanza.
Lasciare il campo non era stato facile, ma a volte, fare qualcosa di diverso ti fa sentire meglio. Certo, non aveva mai detto che non sarebbe tornato ad allenare, ma vedeva la cosa molto lontana e difficile, aveva i suoi estimatori, nel suo nuovo ruolo, e poi sentiva che probabilmente, per lui il treno giusto era passato. Lasciato il campo si era anche ripreso il suo look che lo aveva reso famoso, doveva essere quello che tutti si ricordavano.
Passare inosservato non era facile, ma a lui questo non importava molto, anzi, gli dava quella notorietà che spingeva tutti a fare sempre il meglio.
E' chiaro che dopo gli anni trascorsi a girovagare qualche amicizia si stringe e con essa anche qualche rapporto un pò più stretto. Come spesso accade nel mondo del calcio, qualche parola detta, qualche pensiero espresso ad alta voce, diviene una possibilità, una voglia di cambiare, ed allora, ecco che improvvisamente cominciano ad arrivare telefonate "strane" a sondare la disponibilità, e per quanto tu possa allontanare le richieste, c'è sempre l'amico che ti dice solo di ascoltare la proposta, "senza impegno", ti dice ma almeno ascoltala.