10/12/2022, 00:41
Il calcio sa essere tremendamente crudele, sapete?
Se entri nel mondo del pallone, i sogni di gloria fatti di fama, successi e soldi facili spesso si trasformano in incubi.
Per ogni ragazzino che sogna di diventare il nuovo De Bruyne e che ci riesce in qualche modo, ce ne sono migliaia che finiscono nel dimenticatoio. Condannati quando va bene ad una vita di calci e fatica nelle serie minori.
E questa è un po' la mia storia. Mi chiamo Philip Deckers, ed oggi compiuto 42 anni. Ne avevo appena 14 quando dai polverosi campi di Beveren, la mia città, le luci della ribalta si accesero trasportandomi nella capitale, alla corte dell'Anderlecht...i Mauves, il sogno di ogni ragazzino belga.
Giocavo in porta, dall'alto del mio metro ed ottantasette di altezza, e tutti mi dipingevano come il nuovo Pfaff, il futuro numero uno della nazionale belga.
Una sorta di predestinato insomma.
Ma, come dicevo prima, il sogno finisce presto. Complice un infortunio, e le scelte del mio allenatore dell'epoca, la mia carriera da predestinato presto diventa quella di un onesto "operaio" sui campi delle serie minori. Certo, ho avuto anche la soddisfazione di giocare in serie A: qualche apparizione, neanche troppo fortunata, con la maglia della squadra della mia città: una bella soddisfazione, non c'è che dire. Ma ciò nonostante il Dio del calcio è decisamente in debito con me.
Per questo, una volta appesi gli scarpini al chiodo, ho deciso di dedicarmi allo studio e di iniziare il percorso da allenatore.
Con mille sacrifici, sono arrivato ad ottenere la licenza A nazionale che dopo un paio di anni come allenatore dei portieri in squadre dilettanti, mi ha permesso in questa stagione di firmare il mio primo contratto da mister.
Si parte dalla Eerste Nationale, terza serie del campionato belga. La prima tappa di un viaggio che dovrà rendermi quanto mi è stato tolto in passato.
Se entri nel mondo del pallone, i sogni di gloria fatti di fama, successi e soldi facili spesso si trasformano in incubi.
Per ogni ragazzino che sogna di diventare il nuovo De Bruyne e che ci riesce in qualche modo, ce ne sono migliaia che finiscono nel dimenticatoio. Condannati quando va bene ad una vita di calci e fatica nelle serie minori.
E questa è un po' la mia storia. Mi chiamo Philip Deckers, ed oggi compiuto 42 anni. Ne avevo appena 14 quando dai polverosi campi di Beveren, la mia città, le luci della ribalta si accesero trasportandomi nella capitale, alla corte dell'Anderlecht...i Mauves, il sogno di ogni ragazzino belga.
Giocavo in porta, dall'alto del mio metro ed ottantasette di altezza, e tutti mi dipingevano come il nuovo Pfaff, il futuro numero uno della nazionale belga.
Una sorta di predestinato insomma.
Ma, come dicevo prima, il sogno finisce presto. Complice un infortunio, e le scelte del mio allenatore dell'epoca, la mia carriera da predestinato presto diventa quella di un onesto "operaio" sui campi delle serie minori. Certo, ho avuto anche la soddisfazione di giocare in serie A: qualche apparizione, neanche troppo fortunata, con la maglia della squadra della mia città: una bella soddisfazione, non c'è che dire. Ma ciò nonostante il Dio del calcio è decisamente in debito con me.
Per questo, una volta appesi gli scarpini al chiodo, ho deciso di dedicarmi allo studio e di iniziare il percorso da allenatore.
Con mille sacrifici, sono arrivato ad ottenere la licenza A nazionale che dopo un paio di anni come allenatore dei portieri in squadre dilettanti, mi ha permesso in questa stagione di firmare il mio primo contratto da mister.
Si parte dalla Eerste Nationale, terza serie del campionato belga. La prima tappa di un viaggio che dovrà rendermi quanto mi è stato tolto in passato.