27/10/2021, 19:46
Come un compleanno - episodio 7, stagione 2
E' una settimana che Angus Brambilla è tornato nella sua casa di Skokie, una piccola cittadina al nord di Chicago. Angus è nato qui da padre italiano e mamma americana. Carmelo Brambilla, siciliano purosangue facente parte della resistenza. Si trasferì negli Stati Uniti nel dopo-guerra, iniziando a lavorare prima come ciabattino e poi come calzolaio in un' azienda di mocassini. Il duro lavoro portò guadagni, conoscenze e l'amore con Amelie, sua vicina di casa e figlia di John David Albreton, ricco imprenditore della zona impegnato nel business del car retail. Lo storico deposito JDA, oggi diventato iCars, ha sfamato mezza città e nei '90 era d'abitudine veder gironzolare lì intorno Phil Jackson, storico coach dei Bulls e pazzo delle Aston Martin.
"Phil Jackson ed Arsène Wenger sono il motivo per cui oggi sono un allenatore. Simili e diversi allo stesso tempo. Dalle loro interviste, racconti, modi di vedere il gioco, ho assimilato e fatto mio - ha detto Angus ai microfoni di DAZN per un' intervista esclusiva. Ho due amori: i Bulls e l' Arsenal. Jackson ed Arsène, Micheal e Titì, lo United Center ed Highbury. Potrei stare qui all' infinito.
Sono un ragazzo come tanti altri. Sono andato al collage, ho avuto i miei amori adolescenziali, le mie prime sbronze, ho combinato guai. Tutto mi ha fatto crescere e formato la persona che sono ora. Da bambino rimasi incantato dalla chioma bionda di Petit. Ecco come mi sono innamorato del calcio. Dei capelli di Petit, del calcio inglese, di quei giocatori così eleganti contrapposti a dei veri e propri falegnami sporchi di fango.
Nonno mi iscrisse anche ad una soccer academy di qui, ma ho subito capito che non ero una cima con la palla tra i piedi. Indossavo la 16, giocavo ala destra. Il mio coach non si accorse neanche che io fossi mancino, che giocassi di sinistro. Ero totalmente invisibile, uno qualunque. Così, abbandonata la academy per finanziare l' acquisto del mio primo laptop, conobbi i videogames manageriali.
Mai piaciuto vincere facile. Tutti acquistavano il calciatore X perchè più tecnico e più veloce? Io acquistavo Y. Mai stato come gli altri, neanche nei videogames. La prima squadra che ho allenato, per modo di dire, fu l' Auxerre di Phil Mexes, di Cissè, Boumsong, Kapo. Ah Olivier... che delusione. Speravo diventasse un campione.
Poi dal pc sono passato al calcio vero, a scrivere per dei giornalini free della zona, a volare in Italia per scoprire le mie origini e imparare il mestiere di allenatore. A Milano ho trascorso quattro anni splendidi. Devo tanto all' Italia. L' esser stato un passo dietro ad un sacco di coach italiani mi ha permesso di acquisire le capacità basic usate poi nella mia prima esperienza al Wigan. Ho studiato l' Atalanta di Gasperini, De Zerbi e Dionisi. Sono affascinato dal calcio italiano, da questo vento nuovo che spira su una concezione di football che è sempre stata collegata a doppio filo con il catenaccio, la difesa ad oltranza, il contropiede. In Italia si gioca un bel calcio.
L' Inghilterra è il miglior posto in cui lavorare: stadi nuovi, strutture nuove di zecca, gli occhi del mondo addosso. La Spagna mi affascina per la cultura calcistica che quel paese ha, la Francia per gli innumerevoli vivai, la Germania per l' avanguardia e la corrente dei laptop trainers come Tuchel o Schmidt.
Se ho offerte? Sì, ma conto di aspettare fino a Natale. Voglio scegliere bene la mia prossima destinazione. Non ho fretta, nè pretese. Se il progetto mi affascina e sono sicuro di poter trasmettere i miei concetti a squadra, dirigenza, staff e tifosi, allora non c'è neanche limite di categoria. Dalla prima divisione ai dilettanti, non c'è una preferenza".